Visita

Il criterio adottato nella forma architettonica esterna e nella collocazione urbanistica si ritrova nelle stesse sale espositive interne, la cui conformazione risale alla metà degli anni Trenta (con limitati interventi di modifica attuati nel 1968).

Il percorso espositivo tende a stabilire una continuità ideale tra Ottocento e Novecento e si snoda lungo il filo di un comune sentimento irredentista e italiano: la partecipazione dei triestini, friulani e istriani (sudditi austriaci) all’epopea risorgimentale ottocentesca, si lega alla partecipazione dei volontari giuliani combattenti nell’esercito italiano durante la grande guerra, che si conclude con l’unione di Trieste all’Italia.

L’esposizione del materiale documentario nelle sei sale del museo segue un criterio cronologico.
La prima sala, evidentemente introduttiva, presenta una serie di ritratti di personalità italiane di Trieste e dell’area giuliana dal secolo XVIII al 1848 (da Gian Rinaldo Carli, a Domenico Rossetti, a Francesco Hermet), e l’editoria in lingua italiana, in particolare il giornale “La Favilla” e le testate diffuse nel corso del 1848, durante l’aspro dibattito costituzionalista che animò la città. Le sale successive sono le più animate dal punto di vista espositivo, in quanto raccolgono una serie di divise appartenute a volontari garibaldini originari della Venezia Giulia, presenti a tutte le campagne risorgimentali: impresa dei Mille, Bezzecca, Aspromonte, Mentana, Villa Glori. Accanto alle camicie rosse, alcuni effetti personali e armi, ma soprattutto un’ampia serie di fotografie dei volontari da soli o in gruppo. Garibaldi compare in diversi quadri e ritratti, mentre nella vetrina centrale sono esposti alcuni oggetti a lui appartenuti: un coltello e un fazzoletto.

 

Due vetrine illustrano il percorso politico e umano di Guglielmo Oberdan con alcune sue lettere, fotografie e gli indumenti donati dalla madre al Museo.

Il percorso prosegue con l’epopea garibaldina negli anni finali dell’Ottocento, sempre con esposizione di divise appartenute a volontari triestini combattenti per la libertà dei popoli oppressi: in Grecia nel 1897, in Albania nel 1911 e in Francia nel 1914.

La sala più spaziosa ospita i cimeli dei volontari giuliani combattenti con l’esercito italiano nel 1915-1918: divise, scritti, fotografie, effetti personali, armi appartenuti per lo più ai caduti, di cui ricordiamo tra i tanti Scipio Slataper, Ruggero Timeus, Carlo Stuparich. Questa sala è abbellita dagli affreschi di Carlo Sbisà, realizzati negli anni Trenta, e rappresentanti le città unite all’Italia nel 1918.

La sala più interna del museo offre una serie di ritratti dei volontari insigniti della medaglia d’oro e alcuni documenti del passaggio dall’amministrazione austriaca a quella italiana tra ottobre e novembre 1918: il congedo dell’ultima autoritàasburgica barone Fries-Skene, l’appello del Comitato di Salute Pubblica e il saluto del primo Governatore italiano Carlo Petitti di Roreto.

Il Museo del Risorgimento, oltre ad essere un Monumento dell’italianità di Trieste, rappresenta anche un documento di come l’italianità veniva raffigurata nel corso degli anni Trenta. In questo triplice ruolo di Museo-Monumento-Documento sta l’originalità e l’interesse del complesso museale di piazza Oberdan.

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Museo del Risorgimento e Sacrario Oberdan

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